domenica 5 giugno 2016

Eugenio Corti: Breve storia della Democrazia Cristiana con particolare riguardo ai suoi errori

Eugenio CORTI
Breve storia della Democrazia Cristiana con particolare riguardo ai suoi errori

tratto da: Eugenio CORTI, Il Fumo nel Tempio, Ares, Milano 2001, p. 154-178.

Lo sfacelo in cui si trova oggi (inizio 1995) il partito politico d’ispirazione cristiana, e più a monte la paralisi della cultura cattolica (da cui, ben prima che dalla successiva corruzione, lo sfacelo politico a parer nostro deriva), ci inducono a un esame - ovviamente sintetico - di ciò che è accaduto.
Vediamo anzitutto, per grandi linee, qual è stata la storia in Italia e nel mondo durante questi ultimi cinquant’anni.

Sul piano storico generale

Nella nostra epoca abbiamo avuto una straordinaria conferma della fondatezza della visione di S.Agostino, per il quale la storia consiste in un alternarsi continuo delle ‘due città’: la ‘città terrena’ (cioè la società degli uomini che, anche quando partono da propositi encomiabili, poiché escludono Dio dalla loro vita, finiscono inevitabilmente col seguire il ‘principe di questo mondo’, ossia il demonio, il quale come sappiamo è ‘omicida’, ‘padre di menzogna’, e ‘scimmia di Dio’) e la ‘città celeste’ (cioè la società di coloro che nel costruire la vita in comune, si rifanno in qualche modo agli insegnamenti di Dio).

Per me, che avevo di questi concetti una nozione del tutto scolastica, il trovarmeli improvvisamente intorno - a vent’anni, durante la guerra sul fronte russo - tradotti in cruda realtà, ha costituito una lezione che non ho più dimenticato. Avevo sotto gli occhi la ‘città terrena’ - anzi due città terrene, una di destra e l’altra di sinistra: dico quella nazista e quella del ‘comunismo in corso di realizzazione’ - nelle quali l’omicidio su scala massale, la menzogna programmata, e la pretesa degli uomini di sostituirsi a Dio (il farsi ‘scimmie di Dio’), erano tra i principali strumenti impiegati nell’edificazione appunto delle due società: ‘millenaria’ la prima, definitiva la seconda. Non posso soffermarmi. La vicenda nazista - senza dubbio più luciferina, che solo per mancanza di tempo (appena dodici anni a disposizione) ha contenuto il numero complessivo degli omicidi in alcune decine di milioni - è del resto abbastanza conosciuta in Italia. Quanto al comunismo mi limiterò, trascurando tutto il resto, a ricordare il numero delle sue vittime, in stragrande maggioranza inermi: più di sessanta milioni in Russia (nota 1); successivamente intorno a centocinquanta milioni in Cina (queste cinesi da noi pressoché ignorate, appunto a causa della paralisi della cultura cattolica); più tardi in Indocina, in appena tre anni - dal 1975 al 1977 - circa un terzo dell’intera popolazione cambogiana venne inutilmente sacrificato nel tentativo, anche là, di costruire la ‘società comunista degli uomini nuovi’. Rimando il lettore che voglia approfondire, a mie precedenti pubblicazioni.

Qui in Europa l’orrore della gente era giunto a un livello tale, che dopo la guerra tutte le popolazioni che ne hanno avuta la possibilità, hanno affidata la ricostruzione e la direzione della cosa pubblica, in misura non vista da secoli, a uomini politici d’ispirazione cristiana. Ciò si è verificato non soltanto in Italia, ma anche in Francia, Belgio, Olanda, Austria, e nella stessa Germania, dove anzi il capo dei politici cristiani, Adenauer, chiudeva spesso i suoi discorsi con una frase molto significativa: “Anche in politica soltanto Cristo ci può salvare”.

È in questo modo dunque che ebbe inizio la storia della Democrazia Cristiana: come a dire (mi si scusi l’espressione un po’ aulica) l’avvento, anche da noi, della ‘città celeste’.

La fase degasperiana

Per quasi dieci anni il partito d’ispirazione cristiana ha assolto sostanzialmente bene il suo compito, che fu anzitutto d’impedire la presa del potere da parte dei marxisti, potere dal quale sarebbe derivato all’Italia un numero oggi non valutabile, ma certamente enorme, di vittime umane (nota 2), e la distruzione non solo del nostro sistema economico, ma anche della nostra civiltà (nota 3).

La competizione coi marxisti fu da principio veramente dura e non facile, sia per la forza numerica e la pericolosità dei comunisti, e per l’esagitazione dei loro alleati socialisti, sia per lo spossante impedimento venutosi subito a creare con la nuova costituzione. Questa infatti (anni di stesura 1946-47) siccome dalle prime elezioni di assaggio non era emerso con chiarezza se la vittoria su piano nazionale sarebbe andata ai cristiani o ai marxisti, era stata dagli uni e dagli altri (entrambi con forti probabilità di trovarsi in minoranza) infarcita di garantismi (nota 4).

La costituzione garantista avrebbe continuato a influire in modo semi paralizzante anche nei decenni successivi fino a oggi, non solo rendendo molto difficile il governare, ma anche per lo sviluppo abnorme che poco alla volta si fu costretti a dare all’organizzazione del partito cristiano, perché potesse far fronte a quello comunista. Quest’ultimo - il più numeroso d’Occidente - si era andato via via organizzando alla maniera dei partiti dell’Est, e mentre poteva essere manovrato dall’alto con rispondenza immediata, aveva introdotto e si adoperava ad introdurre la propria presenza, ai diversi livelli, nei vari gangli della vita pubblica, compresi quelli del potere giudiziario; tutti quanti i suoi iscritti (e anche molti simpatizzanti: in particolare - grazie ai programmi di Gramsci - gli intellettuali) per decenni si sono sentiti veri e propri militanti. L’organizzazione della D. C. per fare argine a tale situazione, finì col costare sempre più denaro (nota 5), il reperimento del quale avrebbe costituito, col tempo, la seconda causa di guai e infine di sfascio (accanto alla prima causa: la paralisi della cultura cattolica, in merito alla quale entreremo più avanti).

I moniti di De Gasperi

La situazione di difficoltà qui prospettata, fu indicata con grande chiarezza da Alcide De Gasperi nel suo cosiddetto ‘testamento politico’ (il discorso da lui pronunciato nel giugno ’54, cinquanta giorni prima di morire, al Congresso Nazionale di Napoli). Egli avvertì che il meccanismo costituzionale garantista aveva creato gravi difficoltà al governo fin dall’inizio della prima legislatura, in cui pure la DC aveva la maggioranza assoluta. Di qui il tentativo suo e di altri capi democratici per variare la legge elettorale in senso maggioritario, per arrivare cioè a un nuovo “regolamento che” sono parole sue “rispettando i diritti della minoranza, rendesse possibili le funzioni della maggioranza”. Il tentativo non riuscì per il furibondo contrasto opposto alla nuova legge elettorale (definita ‘legge truffa’) da comunisti e socialisti.

De Gasperi indicò anche, con chiarezza, i gravi pericoli che già allora incombevano sul partito cristiano. In sintesi due: la crescente divisione interna prodotta dalle correnti (favorite esse pure dal garantismo), nonché il classismo e il partitismo (o mito del partito) che i cristiani rischiavano di mutuare dai loro antagonisti marxisti (nota 6). “Se siamo divisi o indeboliti dalle nostre discordie” egli avvertì i suoi più accaniti oppositori interni, che avevano una sorta di capo in un uomo per altri aspetti stimabilissimo come Giuseppe Dossetti, “diventiamo schiavi della situazione parlamentare. Non sarà più il nostro pensiero programmatico che creerà congruenze e convergenze, ma sarà la situazione parlamentare, la ferrea necessità di avere un governo, che ci costringerà a qualunque coalizione, senza condizioni… Con ciò il partito rischia di perdere la fiamma dei suoi ideali, né può alimentare le speranze dei giovani; e diventa una macchina elettorale che arrugginisce: noi siamo già sull’orlo di questo destino”. Precisò anche: “Le presenti difficoltà potrebbero portare a una crisi del sistema rappresentativo” (nota 7).

Un corpo estraneo

Va ricordato che durante quegli anni la base del patrimonio culturale del partito d’ispirazione cristiana fu (come dovrebbe essere sempre) la dottrina sociale della Chiesa. Accanto a questa però aveva cominciato a farsi strada un corpo d’idee nuove, uscite dall’insegnamento del grande filosofo cattolico francese Jacques Maritain. Costui, convertitosi nel 1905 dall’ateismo rivoluzionario al cattolicesimo, aveva in un primo tempo scritto opere antirivoluzionarie (come «Antimoderno» e «I Tre riformatori», quest’ultima tradotta in italiano da G. B. Montini, a quel tempo giovane sacerdote), e si era in seguito distinto per un efficacissimo ammodernamento del tomismo, per il quale gli siamo debitori ancora oggi. Aveva insomma molto bene meritato nel campo della cultura cattolica, e glien’erano venuti ampi riconoscimenti. Per farsi un’idea della grande autorità acquisita da Maritain tra le due guerre e nel dopoguerra, si pensi a quella - nello stesso tempo - di Benedetto Croce nella cultura laica italiana: con la differenza che l’autorità di Maritain non si limitava all’àmbito francese, ma si estendeva alla cultura cattolica del mondo intero.

Prima della guerra però, quasi presentisse il vicino avvento della «città celeste», il grande filosofo aveva formulato un suo progetto di «nuova cristianità», che si staccava non poco dall’insegnamento perenne della Chiesa, e l’aveva diffuso attraverso un notissimo volume: «Umanesimo integrale» (uscito in Francia nel 1936, tradotto in italiano nel 1946). L’opera si caratterizzava per una ricerca delle verità, e virtù, e valori cristiani «impazziti» - cioè delle verità e virtù, e valori cristiani ‘prigionieri dell’errore’, ma pur sempre cristiani - che si trovano nel patrimonio culturale di determinati gruppi avversi alla Chiesa, segnatamente dei comunisti e dei laicisti radicali, dei quali gruppi Maritain prospettava l’inclusione nella ‘nuova cristianità’, appunto sulla base di tale patrimonio comune.

Le sue idee - che andavano sempre più prendendo piede tra i fedeli - vennero severamente confutate dalla rivista dei gesuiti «La Civiltà Cattolica» (anno 1956, v. III, pp. 449-463) in un importante articolo del direttore padre A. Messineo, considerato allora portavoce di papa Pio XII; detto articolo si conclude con le parole: “L’umanesimo integrale non è l’umanesimo dell’uomo rigenerato dalla grazia… Nella sua sostanza l’umanesimo integrale è un naturalismo integrale”.

Successo travolgente

Ciononostante anno dopo anno le idee di Maritain incontrarono sempre maggior credito e adesione tra i cristiani: qui in Italia il successo si fece addirittura travolgente, favorito anche da molti avversari, i quali mentre non intendevano certo farsi inquadrare dai cristiani, vedevano però in quel progetto un’occasione d’incontro che bloccasse l’avanzata allora in atto dei cristiani e della loro ‘città celeste’.

Tra il 1962 e il 1965 ci fu l’enorme evento del Concilio Vaticano II, sul quale non possiamo soffermarci. Agli effetti del nostro discorso basterà dire che il Concilio - nonostante la pressione molteplice e incessante dei mass media laicisti (e anche di non pochi cattolici) - non fece alcuna concessione, almeno d’ordine dottrinale, nel senso preconizzato da Maritain. Non trovando soddisfazione presso i padri conciliari, i grandi giornali e le televisioni adottarono il sistema di rivolgersi ai molti fra i loro accompagnatori e consiglieri che erano novatori nel senso maritainiano, e trovarono così modo di costruire e diffondere una interpretazione del Concilio come garbava al laicismo. (È la stessa contro cui ha dovuto tante volte prendere posizione negli anni seguenti l’attuale pontefice Giovanni Paolo II, ricordando che l’interpretazione autentica del Concilio spetta a chi ne ha i carismi, cioè in ultima istanza a lui, e non ad altri.)

Anche chi scrive queste righe subì - nonostante la sua esperienza del mondo russo - il fascino dell’ultrapacificatore progetto di Maritain, partecipando così per un certo tempo all’innamoramento generale dei giovani di cultura cattolica (nota 8). Certo mi disturbava il fatto che veniva in tal modo rovesciato l’indirizzo costantemente seguito, e con forte impegno, dai defunti grandi papi Pio XI e Pio XII… Ad aprirmi di colpo gli occhi fu comunque un’improvvisa constatazione: che tutti, letteralmente tutti, s’erano messi a parlar bene di noi: anche chi assolutamente non avrebbe dovuto. Mi ricordai allora del discorso della montagna, e di quelle parole del Maestro: “Guai a voi quando tutti diranno bene di voi. Così infatti facevano i vostri padri con i falsi profeti…” E il suo solenne avvertimento circa i falsi profeti: “Dalle loro opere li riconoscerete”.

Le conseguenze

Dalle opere dunque, dai fatti. Cos’è derivato nei fatti (non nelle speranze e nei sogni addirittura di una ‘nuova Pentecoste’) dall’apertura che i cattolici finirono col fare non soltanto al mondo contemporaneo in generale, ma specificamente al comunismo, al laicismo, e ad ogni genere di modernismo? Per cominciare un’insensata autodemolizione della cultura cattolica. Poi - limitandoci ai soli accadimenti maggiori - una cessazione, nell’àmbito delle società più avanzate, delle conversioni al cattolicesimo, che prima si contavano ogni anno a centinaia di migliaia. Inoltre una crescente perdita della nostra identità, con conseguente caduta delle vocazioni religiose: nel giro di appena una decina d’anni i chierici nei seminari si ridussero alla metà, e in qualche diocesi addirittura a un quinto o a un sesto.

Negli ordini religiosi si ebbero colossali defezioni: tra i gesuiti diecimila padri su trentaseimila abbandonarono lo stato religioso, tra i domenicani (altro ordine culturalmente avanzato) la percentuale delle defezioni fu ancora più elevata (si fa presto a dirlo: ma quando mai nella storia millenaria della Chiesa si era assistito a qualcosa di simile?) In pari tempo l’Azione Cattolica italiana, ch’era stato uno dei principali strumenti nell’edificazione della ‘città celeste’, ha visto il numero dei propri membri precipitare da tre milioni a soli seicentomila, e anche questi - complessati come sono nei riguardi dei marxisti e dei laicisti radicali - non mostrano più che un vago, inconcludente velleitarismo.
Conosciamo il lamento di papa Paolo VI già nel giugno 1972: “Il fumo di Satana è entrato nel tempio di Dio… Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio”. E la sua precisazione (18.9.74): “Grande parte di essi mali non assale la Chiesa dal di fuori, ma l’affligge, l’indebolisce, la snerva dal di dentro. Il cuore si riempie di amarezza”.

Contemporaneamente ha avuto luogo sul piano storico un rovesciamento della precedente situazione: al regresso della ‘città celeste’ ha corrisposto una nuova, tumultuosa avanzata della ‘città terrena’, ossia della società secolarizzata, che si è affermata rapidamente nel costume (paganesimo sessuale, droga, scristianizzazione crescente del popolo), nonché nell’àmbito delle leggi (divorzio, aborto ed altre). A chi ci chiedesse dove sono oggi gli omicidi che nel quadro di S. Agostino si accompagnano al prevalere della città terrena, indichiamo appunto le vittime della droga e soprattutto degli aborti: queste sono ormai milioni ogni anno nel mondo occidentale, ed avviate a pareggiare il numero di quelle fatte da nazismo e marxismo.
In àmbito politico la Democrazia Cristiana, pur subendo forti scosse, non è crollata subito, ma ha dovuto via via cedere in ciò che più conta: cioè nel campo delle idee e dei principii, ripiegando sempre più sulla cosiddetta ‘politica delle cose’. (È appena il caso di ricordare che a influire - fino addirittura a determinare mutamenti - sul costume di un popolo, non è l’azione politica, bensì quella culturale: l’influenza che una data cultura, soprattutto se riesce a diventare dominante, esercita sulla gente. Da noi - come del resto nell’intero Occidente - è diventata cultura dominante quella illuminista: laicista e tendenzialmente promarxista; in Italia più smaccatamente promarxista che altrove.)

Confusione cronica

Più tardi Jacques Maritain ha dato l’impressione di essersi spaventato e ricreduto (nota 9). Ben pochi dei suoi molti discepoli però lo hanno seguito sulla via del ripensamento. (Fra costoro il capo dei maritainiani nella politica italiana, il già ricordato on. Giuseppe Dossetti, che più tenacemente d’ogni altro aveva a suo tempo contrastato gli indirizzi di De Gasperi: abbandonata la politica, costui si è fatto frate, sia pure frate - oggi ch’è vecchio - di tanto in tanto ringhiante).

Non essendosi ricreduti i più, la confusione in àmbito politico si è andata in seguito facendo cronica. Portiamo un solo esempio: dal 27 al 29 febbraio 1976 si tenne a Roma un congresso (animatore il maritainiano prof. Lazzati, segretario del partito il ‘moroteo’ Zaccagnini) inteso a ‘rifondare’ - già allora! - la DC, ossia a farla uscire dalla confusione. Ebbene due delle tre relazioni del congresso vennero affidate ad individui (i professori Gozzini e Romanò) che di lì a qualche mese, in occasione di elezioni anticipate, si sarebbero tranquillamente candidati, e furono eletti al parlamento, nelle liste del partito comunista…
Col passare degli anni e l’evidenziarsi agli occhi di molti dell’errore di Maritain, l’innamoramento iniziale dei giovani di cultura cattolica per le sue idee, andò trasformandosi in un acido accanimento che fino a poco tempo fa si è condensato in particolare nella cosiddetta ‘Lega democratica’ (esponente principale il prof. Scoppola), la quale sfruttando la costante attenzione e disponibilità a lei riservata dai maggiori mass media laicisti, ha avuto fino ad oggi soprattutto l’effetto pratico di tenere tragicamente divisa in due la disastrata e ormai molto minoritaria cultura cattolica, al punto da impedirle quasi di farsi sentire (nota 10). […]

Il quadro d’insieme

Saremmo tentati di suddividere i complessivi quarant’anni di storia della Democrazia Cristiana successivi al decennio degasperiano, in alcuni grandi periodi, soffermandoci in particolare sui danni causati dal primo Fanfani, da Moro (che auspicava addirittura una prossima ‘terza fase’ di combinazione piena coi comunisti), da De Mita (pupillo del nefasto maître à penser scristianizzatore Scalfari), fino a Martinazzoli. Soffermandoci tuttavia anche sui momenti, che pure non sono mancati, di ripresa nel senso giusto (col secondo Fanfani, e con diversi moderati, tra i quali Scelba, Pella, Rumor, e il cireneo Andreotti): momenti nei quali tuttavia si è rimasti sempre lontani dalla possibilità di reindirizzare il partito.

Una suddivisione in periodi richiederebbe però troppo spazio, e non sarebbe molto rilevante agli effetti del nostro discorso. Ciò che complessivamente si nota, durante quei quarant’anni, è che nella DC non ha mai avuto luogo un risveglio risolutivo che portasse al recupero della sua identità. E questo neppure dopo i clamorosi fatti di Spagna quando, venuto meno nel 1975 il franchismo, alla prima consultazione elettorale libera, essendosi i democratici cristiani presentati con un partito che aveva il nome e il programma scopertamente cattocomunista (Izquierda - cioè Sinistra - Democratica, leader Ruiz Jiménez) i loro naturali elettori si sono indirizzati nella quasi totalità verso altri partiti. Cosicché quella che tutti ritenevano la maggior formazione politica del paese - e aveva ricevuto visite e benedizioni grottesche da parte dei più noti leader cattocomunisti europei - ha raccolto solo l’1.5% dei voti. In pratica in Spagna un partito d’ispirazione cristiana non era neppure potuto nascere.

Da noi durante quel quarantennio c’è stato, in luogo di un recupero d’identità, una dapprima appena accennata, poi una via via crescente decadenza del rigore morale. Il denaro che scorreva sotto banco per far funzionare il partito, attirava troppo: poco alla volta sempre più numerosi sono stati coloro che hanno cominciato ad attingervi. Dai rimorsi che, specie all’inizio, la loro morale cristiana gli ha senza dubbio suscitati dentro, li difendeva probabilmente il senso dell’immoralità ormai - con la progressiva scristianizzazione - dilagante in ogni campo. Negli ultimi anni il quadro più preoccupante era ad ogni modo costituito, a parer nostro, dalle giovani leve dell’organizzazione DC, che sotto il profilo morale apparivano esattamente l’opposto delle vecchie leve disinteressate. Si trattava in genere di ‘portaborse’, del tutto incuranti dei grandi ideali cristiani, e intesi solo a ‘entrare nel giro’ per potersi poi fare gli affari loro.

Va detto che, contemporaneamente, non solo in Italia, ma nell’intero mondo cattolico la confusione si era andata sviluppando in modo drammatico, tanto che venne denunciata dal papa Paolo VI nel settembre 1977 durante il suo ultimo incontro con Jean Guitton dell’Accademia di Francia: “Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa” (J. Guitton, «Paolo VI segreto», Ed. Paoline 1981, pp. 152 e 153).

Nel campo avversario

Quanto ai comunisti, che avevano fin dall’immediato dopoguerra portata l’Italia sull’orlo della rivoluzione, ve la mantennero a lungo con la loro politica del ‘quanto peggio tanto meglio’, e con i continui attacchi (soprattutto verbali per fortuna) allo stato, alle sue istituzioni, alla polizia. In seguito però, evidenziandosi il loro fallimento in Unione Sovietica e nelle altre repubbliche dell’Est, la rivoluzione non l’hanno scatenata affatto. Da qui un’improvvisa tenace ribellione - durata ben dieci anni, dal 68 al 77 - di alcune loro frange giovanili estremiste (nota 11), ribellione inizialmente innescata dai più esaltati fra i giovani cattocomunisti, meno soggetti alla disciplina di partito dei giovani comunisti veri e propri. Il partito comunista, dapprima incerto, sconfessò quei ribelli sempre più energicamente, e andò via via trasferendosi dalla sua fase omicida (in Italia per la verità, dopo la contenuta mattanza del 45, rimasta solo potenzialmente omicida) all’altra fase che gli è propria, quella della menzogna. A questo riguardo ci basterà dire che, grazie anche all’aiuto fornitogli dalla restante cultura laicista (in pratica da tutti i grandi giornali), e con la semi-complicità dei cattocomunisti potenti alla televisione, la menzogna è risultata per loro produttiva soprattutto in questo: che sono riusciti a nascondere al popolo italiano l’enormità delle stragi comuniste sia d’àmbito russo, che cinese, che indocinese, cioè in conclusione l’atrocità del comunismo reale. Di tale realtà in Italia si è avuta percezione adeguata solo per pochi giorni, davanti al tremendo spettacolo delle navi stracariche di albanesi che cercavano in tutti i modi di sbarcare sul nostro suolo (nota 12).

Col trascorrere degli anni intanto, il desiderio di salvaguardare le innumerevoli posizioni conquistate in tutti i campi, e insieme un affiorare di reali buone intenzioni (via via crescenti, quanto più si è andata indebolendo l’ideologia), ha portato i dirigenti comunisti a un comportamento sostanzialmente non omogeneo con la loro dottrina. Anzitutto a un’accentuazione del cosiddetto ‘consociativismo’ (fenomeno in sé deteriore, ma che nel nostro soffocante quadro costituzionale garantista, ha dato respiro all’Italia); inoltre, in diversi casi (Amendola, Napolitano), a un comportamento obiettivamente civile. Per quanto concerne i socialisti, ricordiamo che dopo essersi faticosamente staccati dai comunisti, avevano col ‘centrosinistra’ (1962) dato inizio alla formazione di governi coi democristiani. Siccome però la forza d’attrazione degli ideali politici cristiani andava sempre più scemando (c’erano addirittura pensatori cristiani che mettevano in discussione l’ammissibilità di una dottrina sociale della Chiesa…), i socialisti non sono mai riusciti a districarsi veramente dall’universo teorico marxista; la loro presenza nel governo ha finito col comportare un sensibile incremento della confusione, della scristianizzazione, e di sempre più dissennate spese sociali (nota 13).

Durante quei decenni l’unico mass medium importante di cui il mondo cattolico e il suo partito politico hanno potuto dispone, fu la televisione: la Rai TV dapprima, poi soltanto il Primo canale Rai. Un mass medium mal utilizzabile tuttavia perché fortemente influenzato dalla presenza massiccia dei cattocomunisti (a cominciare da molto presto, addirittura dal 1955: il grande critico cattolico dello spettacolo Mario Apollonio, ha scritto al riguardo uno sconfortato libro intitolato appunto Cinquantacinque). Tale influenza ha portato gli operatori cattolici della Rai a una sorta di compromesso permanente e per così dire istituzionalizzato con la cultura dominante laicista e pro marxista. Dopo l’uscita di scena nel ’74 del direttore generale Bernabei, che s’era adoperato con molta energia perché il discorso cristiano non venisse imbastardito, le conseguenze furono molto gravi anche sul piano dell’informazione. Si pensi per esempio ai tre anni dal 75 al 77, successivi alla vittoria comunista in Indocina: praticamente in quegli anni la TV in Italia non ha mai parlato degli enormi massacri che venivano via via perpetrati dai comunisti in Cambogia (più di due milioni di vittime inermi, come s’è detto, circa un terzo della popolazione) e ha invece - al pari di tutta la grande stampa laica, da «la Repubblica» al «Corriere della sera» - indirizzata quasi ogni giorno l’attenzione della gente verso i contemporanei crimini fascisti in Cile (6.800 vittime in tutto, per dichiarazione del capo comunista cileno Corvolan).

Così trascinandosi le cose, a tenere in piedi per decenni e decenni il partito della Democrazia Cristiana, a costringerlo a reggersi e a non sfasciarsi, è stata soprattutto la sua base autenticamente cristiana formatasi ai tempi di De Gasperi: milioni e milioni di umili persone che, nella paziente attesa di un chiarimento nell’organizzazione e ai vertici, hanno continuato a votarlo con immutata fedeltà.

Due novità

Nel frattempo (la storia degli uomini non si ferma per le impasses dei partiti) si sono prodotte due novità di grande rilievo. Prima: la nascita e l’affermarsi in Italia delle televisioni a diffusione nazionale del gruppo Fininvest, forse non entusiasmanti dal punto di vista culturale e morale, a motivo della loro deliberata scelta di piacere a ogni genere di ‘consumatori’, però miracolosamente libere dall’influenza comunista. (Non fosse che per questo, la storia dovrà un giorno riconoscere la grande importanza della comparsa sulla nostra esausta scena politica di Silvio Berlusconi). Seconda novità, con effetti addirittura strepitosi a livello mondiale: il collasso improvviso del Comunismo russo (concretatosi visivamente in Europa con la caduta del muro di Berlino, nell’89).

Caduto il muro, è venuta meno anche la paura del comunismo: in seguito a ciò l’attenzione della gente, e anzitutto della magistratura, ha cominciato a fissarsi sulla corruzione dei partiti politici democratici, prima intoccabili perché costituivano appunto un baluardo contro di esso. Tale corruzione si è rivelata di gran lunga maggiore di quanto tutti avessero fino allora sospettato. Era intanto apparso sulla scena politica un singolare tribuno popolare, Umberto Bossi, incolto e rusticano, facile all’insulto volgare, ma a suo modo molto abile nel fiutare gli umori del popolo: per sua iniziativa tali umori si sono andati coagulando in un movimento di protesta, la Lega (prima Lombarda, poi Nord), cui hanno aderito sempre più numerose schiere di cittadini. Fra questi anche molti che nelle zone ‘bianche’ della Lombardia e del Veneto, erano stati fino allora i più spontanei e naturali sostenitori della DC (nota 14).

La frana dei voti democristiani

Come ha reagito la Democrazia Cristiana - che nel frattempo, il 26 luglio 1993, aveva dovuto addirittura cambiare il proprio nome in P.P.I.… - alla frana improvvisamente apertasi nel suo corpo? Attribuendo poteri pressoché dittatoriali a un segretario senza dubbio onesto, ma dalla struttura mentale, ahimè, orientata in senso ‘aperturista’ (nota 15). Nel contempo è venuto in luce, ed è stato insistentemente presentato dai soliti cattocomunisti della TV, nonché dalla grande stampa laica, come auspicabile modello del nuovo politico cristiano, un inedito personaggio che ad ogni istante si dichiarava fieramente anti Democrazia Cristiana, e ancor più fieramente pro P.D.S., come la Rosy Bindi. Il che ha contribuito ad accelerare la fuga in massa degli elettori di centro.

Risultato: la DC, che dal 1953 al 1979 aveva ottenuto intorno ai 40% dei consensi dell’elettorato, e dal 1983 al 1992 intorno al 33%, nelle elezioni di fine marzo 1994 ha visto i propri consensi precipitare all’11,1%, e di lì a poco, il 12 giugno 1994 al 10%: più di due terzi dei suoi voti cioè si sono travasati dapprima nella Lega di Bossi, poi (abbandonando questa) nel più recente e più affidabile movimento moderato di Berlusconi: le due formazioni che sono venute a occupare, al centro della scena politica, il posto insensatamente abbandonato dalla Democrazia Cristiana.

Unica acquisizione positiva per il partito d’ispirazione cristiana, in un quadro tanto fosco, è stata l’eliminazione - grazie alle suddette ultime due elezioni - della maggioranza dei suoi esponenti corrotti o tolleranti verso la corruzione, nonché di quelli con idee aperturiste. Diversi di questi ultimi tuttavia (alcuni provenienti dalla dirigenza demolitrice dell’Azione Cattolica) sono rimasti in carica, e fanno di tutto per convincersi che l’emorragia dei voti è ormai finita. Completamente incapaci di spiegarsi le tremende lezioni ricevute, costoro vorrebbero, in buona fede, che il partito continui a procedere sulla via dimostratasi suicida.

Purtroppo non sarà facile scaricarli. Ma se non si arriverà a questo, i resti del grande partito che fu d’ispirazione cristiana e che, dopo aver salvata l’Italia dal comunismo, l’ha portata ad essere nell’ordine economico una delle nazioni più progredite del mondo, finiranno a rimorchio degli eredi dell’ideologia marxista, i quali - approdati o no che siano alla democrazia - sono in ogni caso gli eredi di un’ideologia, ricordiamolo: omicida (la più omicida di tutta la storia), menzognera, e oltre al resto fallita. La nostra identità nell’ordine politico andrà allora del tutto perduta, e in tale ordine diventerà per noi attuale quel solenne avvertimento del Vangelo: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il suo sapore, con che cosa lo si potrà render salato? a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini” (Mt 5, 13).

Nel corso dell’anno 1995 è intervenuta una spaccatura nell’appena nato Partito Popolare Italiano, che l’11 marzo si è scisso in due monconi: uno d’indirizzo moderato al seguito del segretario in carica Rocco Buttiglione, l’altro d’indirizzo progressista, che dopo avere eletto segretario Gerardo Bianco, si è subito schierato col P.D.S. (cioè con gli ex comunisti). In occasione d’uno scontro polemico con Buttiglione, Gerardo Bianco ha pubblicamente sottolineato: “Non potremo mai andare d’accordo, perché apparteniamo a due culture diverse”. È precisamente così, e la cultura di Bianco - anche se egli e tanta altra brava gente che sta con lui non se ne rendono conto - non è una cultura cattolica. (Rimandiamo al “pensiero di tipo non cattolico che sembra talvolta predominare all’interno del cattolicesimo” di cui ha parlato Paolo VI, da noi citato più avanti.)

Poiché in seguito alla scissione tutti gli ‘aperturisti’ residui della vecchia DC (con alla testa Ciriaco De Mita), e gli ‘affaristi’ (sempre con alla testa Ciriaco De Mita), sono confluiti nel moncone progressista, si potrebbe considerare felicemente realizzato quanto da noi auspicato in precedenza: lo scaricamento cioè di tutti i personaggi estranei e negativi. Purtroppo però ha cominciato in pari tempo a delinearsi anche un fatto molto grave: una notevole parte dei sostenitori del partito (il suo cosiddetto ‘zoccolo duro’, costituito in genere da gente pulita e fedele, anzi la più fedele) sembra volersi convogliare verso il moncone di Bianco. (Per diverse ragioni, ma soprattutto per la pressione soverchiante e obnubilante dei mass media laicisti: a tal punto la cultura egemone non cristiana influisce sulle menti del gregge cattolico e di certi pastori!)
Ciò costituisce, in questa fine anno 1995, un ulteriore doloroso problema per il già tanto mutilato moncone del partito d’ispirazione cristiana. Per risolverlo sarà d’importanza fondamentale che esso riesca a far capire alla gente che il più autentico e più producente aiuto ai piccoli e ai diseredati non può che venire dalle sue iniziative (le iniziative cristiane, come è accaduto nell’intero corso della storia), e non verrà certo da iniziative postcomuniste o cattocomuniste. La situazione è molto preoccupante, non tuttavia tale da far cadere ogni speranza. Soltanto adesso infatti, dopo tanti decenni liberato da ogni zavorra, e provvidenzialmente diretto da un filosofo dotato d’idee chiare, il partito ha la possibilità di recuperarsi davvero, e di tornare a essere sé stesso, com’era ai tempi di De Gasperi.

Quanto agli ex comunisti - che intravedono, grazie all’attuale situazione, una grande possibilità di successi elettorali (già li hanno ottenuti in campo amministrativo) - hanno cominciato ad organizzarsi per prendere in mano l’Italia facendosi precedere dovunque da teste di legno cattoliche…

Il degrado è giunto a un punto tale che se non tenesse ancora la colossale vaccinazione costituita dall’esperimento fascista, a quest’ora la nostra strutturazione democratica sarebbe probabilmente già andata in pezzi (nota 16).




Note

(1) Nel suo discorso dell’ottobre 1994 alla Duma (l’attuale parlamento russo democratico) Solgenitsin ha ricordato “i sessanta milioni di vittime del comunismo” senza che nessuno sollevasse obiezioni. - Per i dati relativi alle vittime cinesi e cambogiane rimando al mio libro “L’esperimento comunista”, Edizioni Ares, Milano.

(2) A quel tempo giungevano dall’Est soltanto notizie confuse. Tutta la gente ricordava però bene il tragico bagno di sangue, la mattanza di migliaia e migliaia di persone anche innocenti, effettuata in Italia dai comunisti dopo la liberazione (il maresciallo Graziani parla nelle sue memorie di 350.000 vittime, ma è dato palesemente gonfiato: in realtà ancora oggi non disponiamo di statistiche né di valutazioni attendibili): in pari tempo si sapeva che al confine iugoslavo sempre i comunisti - slavi in quei luoghi - avevano assassinato e buttato nelle foibe migliaia di nostri connazionali (intorno a diecimila, come si apprese poi), insieme a non si sa quanti slavi non comunisti.

(3) È il caso di ricordare, almeno di sfuggita, alcuni altri grandi meriti della DC. Per cominciare il non facile recupero della moralità, dopo tanti delitti e prostituzioni d’ogni genere, e dopo i guasti anche morali prodotti dal ‘mercato nero’ (questa fu forse l’impresa più meritoria della DC: sulla moralità ristabilita in quegli anni, il popolo italiano è vissuto di rendita per decenni, fino alla comparsa della nuova e diversa corruzione). Viene poi l’introduzione non superficiale, ma radicata, della democrazia in Italia: i cattolici (che sono accusati di avere scarso senso dello stato - uno stato formatosi nell’Ottocento contro di loro) hanno introdotto nella mentalità e nel costume del nostro popolo una democrazia che ha già resistito a più d’una difficile prova. Altro grande merito fu la ricostruzione materiale, cui (grazie alla impostazione liberista e concorrenziale introdotta da De Gasperi e da Einaudi) ha fatto seguito il ‘miracolo economico’, e il gigantesco sviluppo successivo fino ad oggi, che ha portato l’Italia da una condizione di povertà a una di ricchezza. Ciò perché sulla linea De Gasperi - Einaudi si è costantemente retta l’economia nazionale; ricordiamo però che dall’avvento del Centrosinistra ha cominciato in parallelo a crescere in modo sproporzionato e infine abnorme il debito pubblico, giunto oggi all’importo incredibile di due milioni di miliardi di lire.

(4) Risultarono ‘garantite’ non solo le formazioni maggiori, ma anche quelle piccole e piccolissime, e all’interno delle formazioni le correnti e sottocorrenti, e perfino i singoli individui. Tanto che si sarebbe poi prodotto quel fenomeno singolare, solo italiano, di personaggi politici inamovibili a vita, che sarebbero rimasti alla ribalta - sempre gli stessi, con le stesse facce per quaranta e anche cinquant’anni.

(5) Al principio i soldi vennero forniti dall’America; successivamente dalla Confindustria; in seguito da industrie statali, sempre sotto banco. A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta il petroliere di stato Mattei, per rimuovere gli intralci che ostacolavano gli sviluppi del colosso statale da lui guidato, prese a far cadere sovvenzioni a pioggia su tutte le forze politiche (in pari tempo egli si creava, sempre col pubblico denaro, un proprio giornale, «Il giorno», e all’interno della DC una propria corrente molto aperta verso i progressisti e i comunisti, denominata ‘Base’, la quale, grazie ai soldi di Mattei e all’ignoranza di troppi iscritti, avrebbe poi dominato a lungo il partito soprattutto a Milano e in Lombardia: i luoghi di ‘Tangentopoli’). A quel tempo non c’era più De Gasperi, sopravviveva però il vecchio Sturzo, il quale si adoperò con ogni sua forza per impedire a Mattei quell’opera di corruzione: parlò contro di lui anche in parlamento, ammonendo che la sua azione avrebbe finito col corrompere l’intero mondo politico italiano. Nessuno controbatté (Sturzo era ormai considerato un monumento), semplicemente Mattei andò avanti imperterrito.

(6) Alcuni ritengono che su molti dirigenti DC abbia a questo riguardo influito anche una certa “forma mentis” assorbita inconsapevolmente durante il ventennio fascista. Va in ogni caso ricordato che lo stesso fascismo aveva a suo tempo ripresa l’idolatria del partito (fenomeno in Italia prima di allora sconosciuto) pari pari da Lenin.

(7) Con riferimento appunto al ‘testamento politico’ di De Gasperi, Baget Bozzo ha osservato nel 1974 (ne «Il partito cristiano al potere», ed. Vallecchi) che l’enorme sviluppo successivo delle correnti interne alla DC e le inevitabili “collusioni tra forze politiche esterne e gruppi interni… avrebbe alterata l’unità della DC rendendo impossibile la sua identità culturale e la sintesi tra cultura e politica: il partito cristiano sarebbe diventato un vuoto culturale di cui altri si sarebbero contesa l’egemonia ideale”.

(8) Senza dubbio contribuì a quell’innamoramento il fatto che in Italia diversi dei primi portatori delle idee di Maritain, e del suo discepolo e braccio politico Mounier, erano persone colte, disinteressate, e insomma per più aspetti esemplari. Tali del resto lo stesso Maritain, e Mounier, ch’ebbe una vita drammaticamente travagliata, e da noi Dossetti, Lazzati, La Pira, e parecchi altri fino a Martinazzoli. Tuttavia il chiudere troppo a lungo gli occhi sulla realtà delle cose, il fare - anche se in buona fede - spazio all’errore, può comportare sbocchi molto gravi. Abbiamo già accennato al risultato dell’azione dei cattocomunisti prevalenti alla Tv, i quali - senza dubbio contro le loro intenzioni - hanno finito col fare in pratica da supporto alla scristianizzazione dell’Italia. Passando dal campo pratico a quello delle idee, paradigmatico fu il caso di La Pira che, a quanto sembra, allorché nel 1956 venne richiesto da Crusciov - col quale aveva notoriamente scambio di corrispondenza - di far conoscere in Occidente il suo famoso rapporto segreto al XX Congresso, non ne volle sapere. La Pira cioè non avrebbe accettato di collaborare al ristabilimento di una verità comportante la liberazione dalla schiavitù per centinaia di milioni di esseri umani. (Evidentemente perché, se avesse accettato, avrebbe con ciò stesso implicitamente riconosciuto di avere costruita la propria testimonianza anche su una colossale menzogna.) Viene spontaneo chiedersi fino a che punto si debba a questa omissione di La Pira - e ad altre consimili di personaggi ‘esemplari’ come lui - il fatto che in Italia l’enormità negativa dell’esperimento storico comunista venne recepita in modo del tutto marginale. (Tanto che, a tale riguardo, gli italiani vivono ancora oggi in uno stato di semi-menzogna.) Sempre nell’ordine della cultura non meno paradigmatico fu il caso della celebre rivista francese «Esprit», cavallo di battaglia di Mounier, che dopo morto Mounier e dopo la caduta nel 1989 del muro di Berlino, ha continuato addirittura fino al 1993 a tacere sul fallimento del comunismo nell’URSS e nel mondo…

(9) Nel suo ultimo libro importante infatti, «Il contadino della Garonna» (1966; traduzione italiana ritardata al 1969) Maritain ha parlato, riprovandolo, di un ‘neo-modernismo’ inaspettatamente scatenatosi nella Chiesa, confronto al quale quello che a principio secolo preoccupava tanto, non fu che “un modesto raffreddore da fieno”. Purtroppo però non ha ammesso con franchezza la propria responsabilità nel fenomeno, spiegandolo con “un curioso scatenamento di scempiaggine cristiana”, “un’esplosione che non onora l’intelligenza umana”, e deprecando le “dimensioni gigantesche che tale stupidità prende oggi presso i cristiani”. Dopo di che ha fatto risalire l’origine di tanto sconquasso alle ‘favole’ di Teilhard de Chardin, e alle false filosofie dei fenomenologhi; solo per quanto concerne il linguaggio ‘bastardo’ dei neomodernisti, ammette: “io stesso non sono esente da responsabilità”.
L'errore di Maritain. In realtà - se possiamo esprimere il nostro modesto parere - in quel progetto c’era piuttosto un errore madornale. Ci si consenta d’indugiare un poco a parlarne, perché quell’errore è ancora e rimarrà a lungo insidiosamente presente fra noi. Maritain non si è reso conto che la presenza di una verità, o di un valore, o di una virtù cristiana nel contesto di un’ideologia anticristiana, lungi dal costituire una piattaforma d’incontro coi cristiani, rafforza la pericolosità di quell’ideologia. Per spiegarmi ricorrerò a un esempio pratico: si veda nel diario del nazista Rudolf Hoss («Comandante ad Auschwitz», editore Einaudi) cos’è che ha reso possibile in quel lager (probabilmente il più omicida di tutti i lager, sia dell’Ovest che dell’Est), la macellazione e riduzione in cenere di tre milioni d’esseri umani in soli tre anni e mezzo. Le strutture (camere a gas e forni crematori) spiega il comandante Hoss, erano insufficienti, e alcune anche in condizioni precarie; del tutto inadeguato inoltre il numero delle SS e degli altri carnefici. È stato soltanto grazie allo straordinario spirito di sacrificio e alla costanza addirittura eroica di quei carnefici (per fare ‘il loro dovere’ rinunciavano anche alle tanto necessarie e sospirate licenze, si sovraccaricavano di ‘lavoro’ fino all’esaurimento, ecc.) che si è potuto uccidere un così enorme numero di esseri umani. Ebbene, lo spirito di sacrificio e il compimento del dovere fino all’eroismo, non sono forse virtù cristiane? Vediamo però, in un contesto come quello nazista, a cosa hanno portato… Possiamo anzi affermare che senza quelle virtù (se cioè fossero stati dei poltroni, e privi di spirito di sacrificio, e renitenti al dovere) quei carnefici non sarebbero arrivati a compiere un massacro così smisurato. Del resto se Maritain avesse ragione, dato che Lucifero (il capo della ribellione angelica, cioè il capo dei demoni) fu, secondo la tradizione cristiana, il più dotato e il più bello fra tutti gli angeli (come a dire il più simile a Dio fra tutti gli esseri creati), i cristiani dovrebbero collaborare con lui più che con chiunque altro…

(10) Più d’una volta la ‘Lega democratica’ ha assunto la funzione di vero e proprio antipapa. Così nel 1987, in occasione di un passaggio di consegne al vertice dell’Azione Cattolica: avendo il papa benevolmente invitata questa associazione a svegliarsi, e a recuperare almeno in parte l’antico spirito, si è visto l’ex presidente Monticone correre a piangere sulla spalla del capo della Lega. E subito costui, con l’immediato sostegno della grande stampa laica, alzare la voce ad ammonire il papa: l’Azione Cattolica deve rimanere com’è, adagiata nell’attuale frana: provveda se mai il papa ad adeguarsi. Quanto alla minorità della cultura cattolica, ci basterà ricordare l’episodio gravissimo e pressoché sconosciuto al pubblico, del Premio internazionale Balzan, istituito dalla sua fondatrice affinché il mondo cattolico avesse a disposizione qualcosa di analogo al premio Nobel (sia per importanza che per dotazione economica), e da lei posto sotto il patronato del presidente della repubblica italiana e di quello della confederazione elvetica. Ma poco valsero l’imponente sforzo finanziario e tante precauzioni: il grande premio cattolico venne immediatamente scippato dai laici, e oggi vivacchia nelle loro mani, senza che la cultura cattolica sia stata in grado di fare alcunché per recuperarlo. A causa della propria frattura non è stata neppure in grado di far sentire una vera protesta, niente.

(11) Alcuni nomi di gruppi, alla rinfusa: Brigate Rosse anzitutto, poi Nuclei armati proletari, Lotta continua, Avanguardia operaia. Cps, Autonomia, Potere operaio, Collettivi autonomi, e molti altri. E in questi gruppi e gruppuscoli che s’è travasata per una decina d’anni la tendenza omicida sia del comunismo, sia di quella sua anticipazione storica che fu il giacobinismo. Significativa a tale riguardo appare la difesa che di questi gruppi hanno fatto nel 77 Sartre e i suoi amici, col loro famoso «Appello contro la repressione in Italia» (vedasi ad es. in M. Brambilla, «Dieci anni d’illusioni», ed. Rizzoli 1994). Motivo di partenza dell’appello fu la difesa del ventiseienne professore di lettere ‘Bifo’, che tra l’altro - stando alle imputazioni con l’incitamento “Ammazzate, ammazzate, abbiamo bisogno di cadaveri” aveva nel marzo di quell'anno sostenuta via radio la guerriglia urbana in Bologna.

(12) I comunisti italiani sembrano avere definitivamente afferrato il fallimento della loro ideologia alla fine degli anni Ottanta; nel 1990 - ossia un anno dopo la caduta del muro di Berlino - essi hanno cambiato il nome del partito. Sono però ancora molto legati al pathos che dalla loro ideologia emanava (è precisamente questo che li tiene insieme); un simile attaccamento, di per sé incomprensibile, si spiega soprattutto col fatto che essi hanno delle atrocità e dei disastri operati dal comunismo reale, una conoscenza quanto mai incerta e confusa. Prima delle elezioni del marzo 94 sembravano comunque essere passati realmente alla democrazia, e in ciò sinceri, tanto che l’opinione pubblica italiana si era risolta ad adottare le elezioni col sistema maggioritario, cioè tra due schieramenti destinati ad alternarsi fra loro: e uno di tali schieramenti sarebbe stato, per forza di cose, guidato dagli ex comunisti. A sollevare di nuovo seri dubbi sulla democraticità di costoro, è stato dopo le suddette elezioni del 94, il comportamento di alcuni magistrati rimasti in realtà comunisti o filocomunisti (ricordiamo che chi è comunista è per sua natura partigiano, e una giustizia partigiana è una contraddizione in termini). Quei magistrati - furibondi perché lo schieramento rosso aveva perdute le elezioni - hanno in tutti i modi cercato, con un impiego serrato ed abnorme degli strumenti del potere giudiziario, di rovesciare il verdetto elettorale e togliere il potere a chi l’aveva ricevuto dal popolo. Si sentivano liberi da ogni ritegno perché alti sulla cresta dell’opinione pubblica, grazie alla loro battaglia contro i politici corrotti. Esempio limite il procuratore capo della repubblica di Milano, che per sostenere la propria azione ogni mezza giornata convocava i giornalisti, martellando incessantemente gli italiani con le sue ‘esternazioni’ (particolarmente fastidiose quelle televisive all’ora di pranzo e di cena); talmente sfrenato divenne il protagonismo di costui, che è giunto a proporre (1.5.94) sé stesso e i suoi sostituti al presidente della repubblica per la costituzione di un nuovo governo… Altri magistrati comunisti sembrano addirittura rimasti a un livello staliniano, nel senso che si comportano precisamente come i giudici dei processi staliniani. […]. Poiché viviamo tuttora in sistema democratico, le persone colpite dalle folli imputazioni di questi magistrati non saranno al termine dei processi crudelmente private della vita: anche se assolte però, rimarranno per il resto dei loro giorni sconciate dal cosiddetto ‘effetto Goebbels’, secondo il quale anche dopo la smentita più piena e completa, all’imputato che è stato investito dal clamore dei mass media moderni rimane comunque appiccicata una forte dose di colpevolezza. Sconciata rimarrà pure - specialmente all’estero - la figura dello stato italiano (e tanto più la memoria di tutto ciò che la DC - il maggiore dei partiti democratici - ha fatto nel corso dei cinquant’anni della sua storia).

(13) Fa eccezione. nel desolante paesaggio del mondo socialista, la figura del segretario Bettino Craxi, il quale ha avuto il merito d’adoperarsi in primo luogo per ripristinare, sia pure senza successo, la prevalenza numerica dei socialisti sui comunisti, e in secondo luogo per liberare l’intero mondo politico italiano dall’abbraccio asfissiante del comunismo. A quest’ultimo proposito egli ha sostenuto, per lunghi anni, la parte che avrebbe dovuto sostenere la Democrazia Cristiana. Oggi Craxi si trova in uno stato di strepitosa disgrazia nell’opinione pubblica nazionale, in parte per le incredibili ruberie di cui il suo partito si è reso responsabile, ma in parte anche per la guerra accanita che la cultura dominante gli ha sempre fatto e gli fa. Quale che sia la sua sorte più prossima, noi riteniamo che nel giudizio storico futuro i suoi due grandi meriti gli verranno riconosciuti.

(14) Il vero e miglior nerbo dei leghisti era costituito appunto da costoro. Dei quali fu un simpatico esempio la giovane Irene Pivetti, laureata all’Università Cattolica, che nell’aprile 94 nel suo bel discorso di accettazione della carica di presidente della Camera, dichiarò senza complessi la propria fede di credente, pur sapendo che questo le avrebbe procurato avversione ed attacchi: tra l’altro da parte di alcune pericolose giornaliste, che con i loro articoli avevano negli anni del terrorismo indicate le vittime da colpire ai giovani sprovveduti assassini.

(15) Al punto da affidare, nel tempo della sua segreteria, quanti più incarichi di partito ha potuto a cattocomunisti o affini. Nella città di Monza, essendosi creata nel 1992, in seguito agli interventi della magistratura per le solite ruberie e ‘tangenti’, la necessità di commissariare il partito, Martinazzoli è arrivato a inviare quale commissario l’esponente della sinistra senatore Luigi Granelli, cioè l’uomo che, insieme con Marcora, aveva a suo tempo dato vita, per conto di Mattei, alla corrente di ‘Base’, come a dire alla corrente che ha avviata la corruzione di tutta la politica italiana…

(16) Responsabili, più o meno coscienti, del degrado seguitano ad essere in particolare i magistrati veterocomunisti, che con l’appoggio della stampa egemone conducono incessanti campagne in appoggio alla sinistra. Liberi ormai da qualsiasi controllo (dopo che recentemente, in ottobre, con l’aiuto del P.D.S., sono arrivati a togliere di mezzo il loro controllore istituzionale, il ministro della giustizia Mancuso, essi non cessano di perseguire gli obiettivi che si erano posti fin da principio, e cioè: a) l’eliminazione dalla scena politica (e se possibile anche l’incarceramento) di Berlusconi, che è l’unica personalità democratica in grado di far fronte nelle elezioni agli ex comunisti - e b) l’infangamento dell’ex presidente del Consiglio Andreotti, che più d’ogni altro impersona ai loro occhi, e a quelli del mondo intero, i trascorsi cinquant’anni di vita della democrazia italiana. […]. A ulteriore conferma del degrado politico, verso la fine del 1995 si sono verificati a Roma due episodi in sé non rilevanti, ma sintomatici. Avendo il 26 novembre il papa, al termine di un convegno, stretta con paterna carità la mano all’ex presidente Andreotti, comunicandogli che ogni giorno lo ricorda nelle sue preghiere, di lì a poco, il 4 dicembre, il quotidiano «la Repubblica» - capofila della stampa laica procomunista - ha sferrato contro il papa un violento attacco demolitore. Pochi giorni più tardi, durante una messa solenne in San Pietro uno studente cattolico dalla mente plagiata ha approfittato del proprio compito di lettore di una preghiera, per rimproverare pubblicamente il papa - ch’era presente - per quel gesto di carità (secondo lo studente gesto invece di complicità: tanto la colpevolezza dell’ex presidente del Consiglio, decretata dalla stampa egemone, era per lui, come per chissà quanti altri giovani e non giovani, certa e indiscutibile).


Da http://www.storialibera.it/epoca_contemporanea/concilio_e_postconcilio/eugenio_corti/articolo.php?id=2645&titolo=Breve+storia+della+Democrazia+Cristiana+con+particolare+riguardo+ai+suoi+errori, ora non più in rete ma presente solo su archive.org

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